I funghi in cucina

Dal punto di vista alimentare i funghi sono un cibo energetico e abbastanza completo: contengono molta acqua, cellulosa, vitami­ne (B, H e D) e sali minerali (in particolare ferro, calcio e fosforo) e pochi grassi (0,4%). Non sono però un alimento facilmente digeri­bile per tutti.

È importante cucinarli sempre freschi, massimo a 1-2 giorni dalla raccolta. Sono però pochi i funghi che si mantengono così tanto, più spesso (è il caso dei porcini) occorre consumarli immediata­mente per non compromettere la buona riuscita delle pietanze.

Non vanno mai conservati in frigorifero perché l'atmosfera con­trollata di questo elettrodomestico comporta un calo dell'aroma e della consistenza della polpa che diviene molle e gommosa. Piut­tosto, non consumandoli subito, lasciateli ben distribuiti su un tavolo di legno in un luogo fresco e asciutto.

Volendo è invece possibile conservarli, oltre che secchi o in polve­re, nel freezer, chiudendoli negli appositi sacchetti dopo averli puliti con un coltellino: lavateli poi al momento dell'utilizzo.

Se si desidera cucinare i funghi e non si ha la possibilità di andare a raccoglierli, ci si può rivolgere alle specie coltivate (gradevoli pur non essendo profumate come quelle selvatiche), oppure rifornirsi in quei fruttivendoli o supermercati che assicurano arrivi giornalieri del prodotto "selvatico". Vi potrete assicurare della freschezza dei funghi che vi accingete a comprare esaminandoli con cura: devono emanare un profumo buono e caratteristico e risultare al tatto consistenti e sodi. Prima di essere cucinati i funghi vanno poi accurata­mente puliti da terra, cuticole vischiose ed eventuali parassiti.

Generalmente si sconsiglia di lavarli poiché assorbono l'acqua con facilità e rischiano di rilasciarla al momento della cottura, renden­do le pietanze troppo liquide. È però difficile riuscire a privarli completamente della terra che spesso li ricopre, specie quelle varietà (quali le spugnole) il cui cappello è ricco di interstizi. Vi consigliamo quindi di pulire i cappelli con un panno umido e il gambo con un coltellino (utilizzatelo anche per eliminare parti danneggiate) e, poi, di sciacquarli velocemente sotto acqua cor­rente, per poi asciugarli tra due asciugamani (evi­tando così il contatto dell'aria che li può annerire).

Eventuali altre indicazioni su preparazione e cottura, che variano a seconda delle specie, si troveranno all'interno delle singole ricette.

Un'ultima cosa: vi raccomandiamo una particolare cura nella scel­ta degli ingredienti da unire ai funghi nella preparazione delle pietanze. Devono essere sempre freschi, genuini, di qualità: solo così riusciranno a esaltare tutto l'aroma dei piccoli e saporiti pro­tagonisti delle nostre ricette.

La pulizia

La pulizia dei funghi è spesso la parte più ingrata del loro trattamento culinario. Che siano coltivati o di bosco, questa operazione va svolta al più presto allo scopo di evitare la loro veloce disidratazione, nonché l'alterazione da parte dei minuscoli organismi che ospitano. Il cesto o la confezione dei funghi vanno vuotati sul piano di un tavolo. Si procede quindi a pulire accuratamente le varie parti con un coltello, eliminando i residui terrosi e tagliando la parte terminale del gambo. Quelli di dimensioni maggiori verranno tagliati longitudinalmente in quattro parti, mentre quelli piccoli potranno essere mantenuti interi se - a una rapida occhiata - non appariranno infestati da larve (che in genere sono abbondanti nei funghi cresciuti in periodi di siccità). Al termine di questo primo lavoro di cernita e pulitura, e poco prima di iniziare il vero e proprio tratta­mento culinario, lavate i funghi con rapidità e delicatezza sotto acqua corrente fredda.

Come prepararli

Esistono diversi modi per godere dell'inimitabile sapore di questi doni del bosco. Sicuramente il migliore è gustarli freschi, appena colti, prendendo ispirazione dalle numerose ricette della tradizione. Considerato che la maggior parte dei funghi fruttifica solo nel periodo tardo estivo-autunnale, l'uomo ha sviluppato in tutte le parti del mondo numerosi metodi per preservare questo gustoso alimento per tutto l'arco dell'anno. Tali metodi - con i quali si ottiene un prodotto non certo all'altezza dei gustosi manicaretti a base di funghi freschi - mettono comunque al riparo l'impenitente gourmet da pericolose crisi d'astinenza.

L'essiccazione

Con questo processo si tenta di eliminare l'acqua contenuta nei funghi (il 90% del peso) allo scopo di creare un ambiente inospita­le per i microrganismi demolitori. I funghi essiccati perdono però molto del loro profumo e sapore. L'essiccazione va effettuata pre­feribilmente all'ombra, in ambiente caldo, stendendo le sottili fet­te di fungo su fitte reti, in materiale plastico, intelaiate (che è pos­sibile costruire da sé) coperte con sottili veli per evitare il contatto con gli insetti, o, in alternativa, utilizzando un essiccatore. Quando saranno ben secchi, conservateli in vasi di vetro. Al momento dell'utilizzo fateli rinvenire lasciandoli a bagno per qualche ora in acqua o latte. Questo sistema di conservazione è sconsigliato per le amanite, le russule e i finferli.

La polvere di Funghi

Alcune specie particolarmente saporite (Marasmius oreades, Calocybe gambosa, Cantharellus cibarius), o i gambi coriacei di altre (Macrolepiota procera), possono essere seccati e macinati per ottenere un'ottima polvere da spargere sulle pietanze. Tale polve­re va conservata in recipienti di vetro a chiusura ermetica.

Funghi sottolio

Parecchi sono i metodi per conservare i funghi sottolio. Il più sem­plice è sicuramente il seguente: preparate i funghi a pezzi e ben puliti. Portate a ebollizione, in una pentola, acqua salata e aceto nella proporzione di circa 3,2 dl di aceto per litro d'acqua. Al bol­lore versate i funghi e fateli bollire per circa un quarto d'ora.

Scolateli e metteteli ad asciugare per alcune ore su un canovaccio, ben distanziati l'uno dall'altro. Versate tre o quattro dita d'olio nel vasetto di vetro destinato a contenerli e cominciate a deporveli mantenendo l'olio sempre al di sopra dei funghi. Si possono aggiungere spezie come alloro, timo, chiodi di garofano, cannella in stecche, pepe in grani e altre a scelta.

Chiudete bene e attendete due mesi prima di consumare; al momento dell'apertura, fate attenzione che non si sia formato del gas, indice della presenza di botulino. Questa mortale tossina vie­ne sviluppata dal batterio Clostridium botulinum in ambiente anaerobico, cioè privo di ossigeno, e non acido (motivo per cui è necessaria la bollitura dei funghi con aceto) a una temperatura ottimale di 25 °C.

Funghi sottaceto

Portate a ebollizione una pentola contenente acqua e aceto in uguale quantità. Al bollore versate i funghi e lasciateli cuocere per 10 minuti. Scolateli e deponeteli in vasi di vetro, intercalando alcu­ne foglie di alloro e chiodi di garofano. Coprite con aceto di vino bianco e versate, sopra questo, un sottile strato di olio d'oliva.

Chiudete e riponete per almeno 30 giorni.

Il congelamento

In genere il processo di congelamento provoca una perdita di sapore e aroma. Le specie adatte al congelamento da crude sono poche. Tra queste troviamo i porcini e i piopparelli. I funghi conge­lati crudi, una volta estratti dall'elettrodomestico, vanno cotti subito, senza attendere lo scongelamento, altrimenti assumono una consistenza spugnosa e viscida, poco invitante. I funghi delle altre specie vanno sottoposti a tre quarti della cottura, secondo la ricetta dei funghi trifolati, evitando di aggiungere le spezie e il sale. Vanno quindi deposti nei recipienti o nei sacchetti in plastica per alimenti e, una volta raffreddati, introdotti nel congelatore.

Funghi trifolati

Mettete in una pentola, a freddo, i funghi lavati e spezzettati assieme a un pesto composto da due spicchi d'aglio e poca cipolla (per quattro persone). Versate pochissima acqua. Aggiungete sale, pepe e un pezzetto di dado.

Lasciate cuocere per circa tre quarti d'ora. Verso fine cottura aggiungete un cucchiaio di prezzemolo tritato e una spruzzata di vino bianco.

Conservazione naturale

Se volete conservare dei funghi non adatti al congelamento o all'essiccazione, senza cucinarli preventivamente secondo la ricetta dei funghi trifolati, potrete usare questo metodo.

Portate a ebollizione 2 l d'acqua nei quali avrete versato il succo di tre limoni e una buona manciata di sale grosso. A parte avrete già preparato, ben puliti, lavati e asciugati, 4 kg di funghi freschi: versa­teli nella pentola e lasciateli bollire per 3 minuti, poi scolateli, facen­doli sgocciolare a lungo e mettendoli ad asciugare su un canovaccio. Nel frattempo sterilizzate alcuni vasi di vetro nel forno a 180 °C per 5 minuti. Sistemate poi i funghi nei vasi, coprendoli con l'ac­qua di cottura filtrata, e aggiungete un po' di sale e pepe. Chiude­te bene i vasi e fateli bollire a bagnomaria, in una grossa pentola, per circa due ore. Spegnete il fuoco e lasciate raffreddare i vasi nella pentola. Conservate i funghi in luogo fresco e buio per alme­no un mese prima di consumarli.

I pregiudizi

In epoche lontane, nelle quali non si avevano certo a disposizione i moderni metodi di ricerca ma l'utilizzo delle piante e di tutti gli altri doni della natura era quotidiano e diffuso, la conoscenza del ciclo vitale dei funghi e dei processi chimici che causano gli avvele­namenti, era alquanto approssimativa.

Molte specie, che ora sappiamo essere tossiche, venivano ritenute ottime e commestibili, magari dopo essere state "trattate" con metodi alquanto empirici. Si usava per esempio mettere a cuocere insieme ai funghi un pezzo d'argento che, in caso di annerimento, indicava la loro tossicità. Per la stessa ragione venivano utilizzati aglio e prezzemolo, ai quali si riconosceva la "magica" capacità di ingiallire se cotti con funghi velenosi.

C'era poi chi riteneva - e qualcuno lo fa purtroppo ancora oggi - l'essiccazione o la bollitura dei funghi in acqua salata e aceto metodi infallibili per distruggere i veleni in essi contenuti. Molti nostri avi devono avere sofferto le pene dell'inferno credendo d'a­ver reso commestibili funghi sconosciuti aggiungendo a essi, nella pentola di cottura, un ramoscello, qualche gemma, un frutto e cenere di legno di pero selvatico.

Lo studio, ancora pseudoscientifico, delle singole specie fungine era prerogativa di pochi eletti mentre, tra la gente comune, veni­vano tramandate oralmente regole auree di sicurezza che sembra­vano inventate apposta per condurre alla tomba i malcapitati che vi si affidavano.

Si credeva per esempio, a torto, che tutti i funghi a crescita prima­verile e tardoautunnale, così come quelli che crescono sugli alberi, fossero commestibili. Oggi sappiamo invece che molte di queste specie causano pericolosi avvelenamenti. Omphalotus olearius, per esempio, un fungo di bell'aspetto che vive su olivi, castagni e querce, provoca una dolorosa intossicazione che colpisce l'appara­to gastrointestinale, mentre la terribile Amanita phalloides frutti­fica anche nel tardo autunno. Anche gli studiosi nel passato pensa­vano erroneamente che fossero velenose tutte le specie fungine che fruttificano nelle vicinanze di sambuco, tasso, olmo, rovere, cipresso e pino e che fossero commestibili le specie cresciute sotto il pioppo nero e la quercia. Segni certi di commestibilità erano ritenute le tracce di alimentazione di insetti e lumache sul cappel­lo dei funghi; oggi è noto che questi animali si cibano anche della carne di specie tossiche. Si credeva che i funghi cresciuti vicino a scarpe vecchie, stracci sporchi, tane di serpente, piante velenose o cadaveri, divenissero velenosi, cosa che non ha nessun fondamen­to scientifico.

Le cure mediche contro gli avvelenamenti erano un'incredibile miscela di torture e pozioni magiche. Nel corso dei secoli sono stati utilizzati i metodi più disparati e fantasiosi per combattere i disa­strosi effetti dei veleni: i salassi, il miele, il ravanello, la ruta, i semi d'ortica, i bulbi di giacinto, l'erba egizia, il decotto di trifoglio in vino e, dulcis in fundo, gli escrementi di gallina (esclusivamente di colore bianco) mescolati con il miele, occhi di mosca tritati ed erbe officinali.

Con il passare degli anni, tra la gente comune, il livello medio di conoscenza micologica non si è elevato di molto. I funghi comme­stibili non si possono riconoscere, come qualcuno crede, dal buon odore fungino o di farina (esso è presente anche in diverse specie velenose). Non è vero neanche che la tossicità dei funghi è sempre manifestata da odori sgradevoli, da trasudazione di lattice, dalla presenza di un gambo cavo o di un cappello coperto di mucillagine o dalla colorazione violetta. Neppure la particolarità della car­ne di alcune specie fungine di virare di colore al taglio è significa­tiva: molti lattari e boleti commestibili hanno queste caratteristi­che e molte amanite velenose hanno un buon odore e un buon gusto. È vero invece che l'assaggio di un piccolo pezzo di carne del cappello delle russule è un metodo sicuro per verificarne la com­mestibilità: se ha un sapore pepato o amaro il fungo non è com­mestibile.

 

 

 

Tratto da "Funghi e Tartufo - Le ricette più buone". Giunti Edizioni.